Cannabis light: equivoci e verità

Cannabis light e salute pubblica: conversazioni con il Dott. Vincenzo Leone

Articolo tratto da Notizie Emmanuel, Anno XXXVIII, n.1-2, Gennaio/Febbraio 2019

In un momento di crescente diffusione dei derivati della cannabis, abbiamo chiesto al Dott. Vincenzo Leone, medico psicoterapeuta e coordinatore del Servizio per le Dipendenze della Comunità Emmanuel, di aiutarci a comprendere meglio il fenomeno della “cannabis light” e le sue implicazioni sulla salute dei giovani.

Di cosa si tratta?

«La legge 242 del 2016, emanata dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, mirava a sostenere l’agricoltura, contrastare la desertificazione e salvaguardare la biodiversità. Tuttavia, ha aperto anche alla vendita di cannabis con basso contenuto di THC. Sebbene la legge ne delimiti l’uso ad ambiti come cosmetica, edilizia e alimentare, alcune zone d’ombra hanno favorito la vendita con altri scopi, suscitando preoccupazioni per la salute pubblica.»

Quali sono le caratteristiche di questa sostanza?

«La cannabis sativa contiene oltre 60 cannabinoidi, tra cui il Delta 9 Tetraidrocannabinolo (THC), classificato nelle tabelle I e II del DPR 309/1990. La legge 242 pone un limite dello 0,6% per i coltivatori e 0,2% per la vendita, ma non autorizza l’uso ricreativo. È fondamentale sapere che questi composti interagiscono con il sistema endocannabinoide, che regola molte funzioni cerebrali e fisiologiche».

Ci spiega cos’è il sistema endocannabinoide?

«Si tratta di un sistema neuro-modulatorio distribuito nel sistema nervoso centrale e in molti organi immunitari. I principali recettori, CB1 e CB2, sono stati scoperti negli anni ’90 e regolano memoria, stress, appetito, ritmi sonno-veglia, dolore, gratificazione. La scoperta dell’anandamide, una sostanza simile al THC prodotta dal nostro organismo, ha evidenziato come l’assunzione esterna di cannabinoidi possa alterare l’omeostasi cerebrale.»

Ci sono rischi per la salute anche con la cannabis light?

«Sì. Sebbene a basse dosi, l’effetto del THC è variabile da individuo a individuo. Le modalità di assunzione, l’abitudine al consumo e l’interazione con altre sostanze influiscono sull’intensità e la durata degli effetti. Inoltre, il THC ha una spiccata lipo-solubilità, accumulandosi nel cervello e nei tessuti grassi, attraversando la placenta e potenzialmente danneggiando il feto. Per questo, il Consiglio Superiore di Sanità ha espresso serie preoccupazioni.»

Cosa si dovrebbe fare, secondo lei?

«Occorre chiarire le zone grigie della legge 242, regolamentare i punti vendita e i prodotti commercializzati. Ma è altrettanto urgente agire sul fronte della prevenzione: formare giovani capaci di comprendere la bellezza della fisiologia cerebrale e dire no a tutto ciò che la danneggia. Educazione, consapevolezza e rispetto del corpo sono le basi di una vera cultura del benessere.»

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